"Cinema civile. Un genere di cui non potremmo mai fare a meno, perché spesso la Settima Arte è la prima a costruire la nostra memoria storica. Ecco perché il lungo kolossal polacco Popieluszko ( 7mila tra attori e comparse, 7 mesi di riprese in 14 città) ha, sia pur con i suoi difetti -da una certa retorica a un modulo narrativo forse troppo convenzionale- un ruolo fondamentale nella storia polacca, e non solo in quella del suo cinema. Padre Jerzy Popieluszko portò Chiesa e Solidarność vicini nella lotta al regime, unendo ideali di libertà e giustizia sociale ai valori cattolici -fu grazie a lui, di fatto, che Giovanni Paolo II riuscì, dall’alto del suo pontificato, a rendere solida e inattaccabile la lotta di Wałȩsa- agendo come nella migliore tradizione di uomini di fede e di lotta che hanno riempito la storia moderna. Un biopic sontuoso con un grandissimo attore (Adam Woronowicz), che sa passare per tenerezza, amarezza e grinta con grande facilità e bravura, un sacrificio nobile, politico e spirituale che il regista Rafal Wieczynski racconta con partecipazione e forza. Al funerale di quest’uomo di Chiesa, la sua morte (in seguito a sequestro e atroce incaprettamento) fu assimilata dalle alte cariche religiose polacche alla crocifissione di Gesù. Immolarsi individualmente per salvare il mondo, o almeno il proprio paese. Dopo aver visto questo film, vi renderete conto che non è un’esagerazione. Da vedere, un romanzo civile nazionalpopolare."

tratto da il Sole 24 Ore, recensione di Boris Sollazzo